giovedì 12 gennaio 2012

Il drago riuscirà a cacciare via il nucleare?


L’anno appena iniziato è, in Giappone (e in alcuni paesi nell’Oriente), anno del dragone, animale di fantasia con un aspetto minaccioso che i giapponesi considerano come un loro protettore contro le afflizioni della vita. 

A capodanno molti gli hanno, difatti, dedicato una prega, forse più fervore del solito, sperando che cacci via tutte le sfortune che hanno toccato al paese nel 2011.

Con uno spirito sicuramente meno superstizioso ma carico di altrettanta speranza sei associazioni giapponesi antinucleari, tra le quali Peace Boat e Greenpeace Japan, hanno organizzato per questo fine settimana Global Conference for a Nuclear Free World. 

A Yokohama, la città portuale confinante con Tokyo, si aspettano dieci mila partecipanti in due giorni.

“Volevamo lanciare un messaggio forte all’inizio dell’anno per incoraggiare una svolta radicale dal basso”, dice Akira Kawasaki, uno degli rappresentanti di Peace Boat, l’artefice principale dell’iniziativa. “Come nel secondo dopoguerra quando i migliori scienziati si sono dati alle ricerche di fisica nucleare sperando di trovarvi una ricetta per riportare il benessere al Paese, ora, dobbiamo radunare tutte le nostre risorse per trovare una soluzione alternativa al nucleare. Volevamo proporre questa conferenza come una fonte di speranza tra i cittadini che desiderano l’uscita dalla dipendenza dal nucleare ma hanno dei dubbi sulla fattibilità. Desideriamo che diventi un luogo del primo brain storming che coinvolge tutti soprattutto i giovani”.



I giovani ne saranno, in fatti, i protagonisti. Oltre a vari programmi per i bambini, la maggiorana dei relatori sono sotto i cinquantenni. Ci saranno pure i piccoli giornalisti che ne faranno reportage.

L’idea era nata nell’estate scorso durante una crociera che gira nel mondo organizzata Peace Boat. C’erano i ragazzi di Fukushima ospiti dall’Ong, molto attiva anche nei soccorsi dei terremotati, che voleva concedergli una vacanza libera dalla radiazione. 

“Ascoltando le preoccupazioni dei genitori che li accompagnavano, abbiamo sentito il bisogno di fare qualcosa” racconta Kawasaki. “Dopo l’incidente di Chernobyl i soccorsi alle vittime sono arrivati da tutte le parti del mondo. Ora, averne bisogno siamo noi. Chiediamo al mondo di unire le forze per trovare una via d’uscita definitiva dal nucleare”.

Nonostante le recenti dichiarazioni tranquillizzanti del Governo di Tokyo, la situazione di Fukushima 10 mesi dall’incidente resta assai critica, lontana dal rientro dell’allarme. Anche negli ultimi giorni si è registrato un sensibile aumento del Cesio nella zona.

E proprio da Fukushima si avrà un nutrito gruppo di partecipati che avranno un loro spazio Fukushima Room, allestito per dialoghi tra gli abitanti e chi vuole da offrirgli un sopporto. Perché partire da Fukushima costituisce il motto dell’iniziativa: pensare al futuro senza il rischio di ripetere la tragedia attraverso la conoscenza approfondita della realtà dei fatti e la solidarietà con le vittime del disastro.

Anche gli ospiti stranieri – una cinquantina di attivisti, le vittime-testimoni del nucleare, politici e scienziati provenienti da circa 30 paesi sparsi in tutti i continenti – cominceranno la loro esperienza giapponese da lì; con una visita organizzata ricca di incontri con le associazioni locali tra il 12 e 13 gennaio. 

Alcuni nomi di rilievo tra i relatori stranieri: Riccardo Navarro, Mycle Schneider, Eric Martinot. Inoltre, due parlamentari della Giordania, paese dove il governo giapponese sta cercando di esportare degli impianti nucleari, nonché Selenge Lkhagwajav, un’attivista e il leader del partito dei Verdi in Mongolia. E il gruppo più nutrito di 14 componenti viene dalla vicina Corea del Sud dove ci sono 21 reattori nucleari mentre al secondo posto c'è Australia, il terzo produttore mondiale dell'uranio

“Il nostro obiettivo è preparare un terreno che sarà il punto di partenza per vari progetti concreti” si legge in un cominicato interno. 
E i progetti concreti sono classificati in 7 categorie: 
Azioni urgenti per Fukushima; 
Creazione di nuovi network e gruppi che si attiveranno a partire dalla conferenza di  Yokohama; 
I doveri del governo giapponese; 
I doveri di tutti i governi; 
Ciò che possono fare gli enti locali; 
Ciò che possono fare le aziende; 
Ciò che ogni singolo cittadino può fare.

Tra i numerosi temi trattati nelle sessioni principali e nei workshop autogestiti attireranno sicuramente l’attenzione di molti visitatori le iniziative popolari per richiedere un referendum sul nucleare. 

La Costituzione giapponese non prevede i referendum al di fuori delle modifiche costituzionali, ma i referendum consultivi locali ce ne sono già stati fatti in diverse zone anche sulla costruzione delle centrali nucleari. 

Ora, potrebbe darsi stimolato della notizia del referendum italiano del giugno scorso, i dibattiti sull’opportunità di far esprimere ai cittadini si sono animati portando alcuni gruppi dei cittadini di Tokyo e di Osaka a promuovere le  raccolte delle firme per la richiesta formale di indire un referendum. 

Per la società giapponese ancora abituata a delegare le decisioni ai politici sarà un’impresa irta di ostacoli, ma la conferenza servirà a molti per stimolare la coscienza e per ottenere la maggiore informazioni per riflettersi.


(c) Yukari Saito
La versione su il manifesto:
http://www.ilmanifesto.it/area-abbonati/in-edicola/manip2n1/20120113/manip2pg/09/manip2pz/316382/

Nessun commento:

Posta un commento