Certo che noi umani dobbiamo sembrare davvero strani agli occhi dei non umani. Esseri pieni di contraddizioni. Riusciamo a commuoverci nel vedere l’attraversamento del Venere davanti al Sole e ci diciamo rammaricati che si potrà assistere ad un fenomeno simile solo fra 105 anni. Però siamo capaci di perderci nel gioco di spaccare gli atomi pur non sapendo come rimettere insieme i cocci né dove tenerli nei prossimi milioni di anni. Rideranno di noi? Forse. O saranno indignati e angosciati come lo sono centinaia di migliaia di cittadini giapponesi in questi giorni, di fronte all’imminente decisione del governo di Tokyo sulla riattivazione di alcuni reattori nucleari, senza nessuna garanzia effettiva e nonostante restino irrisolti i problemi di Fukushima? Una decisione cocciuta che servirebbe, dicono, a risparmiare pochi soldi ora (perché il petrolio costa molto) ma senza badare di quanto ci costerà fra 105 anni, o anche solo tra 15 anni.
«Aprite gli occhi, guardate e affrontate i danni, i dolori e la rabbia generati dall’incidente di Fukushima che lascia ancora oggi 150 mila sfollati nell’insicurezza e incertezza», si legge in uno degli ultimi appelli lanciati dalla società civile giapponese. Si chiede al primo ministro Yoshihiko Noda di non dire, con leggerezza, «mi assumo io la responsabilità di decidere sulla riattivazione», come ha ripetutamente fatto: «In un incidente nucleare nessuno è in grado di assumersi le conseguenze», ribadisce l’appello; «lo sappiamo bene dall’esperienza di Fukushima, per cui né il Governo né la compagnia elettrica si sono assunti le responsabilità neppure nella misura a loro possibile».