La prima presentazione del nostro nuovo fumetto
avrà luogo ospitata da FESTAMBIENTE
la Domenica 17 agosto
Ore 21,00 Spazio Mostre – Presentazione del libro a fumetti “I dragoni
atomici di Fukushima”. Partecipano Stefano Ciafani Vicepresidente
nazionale Legambiente, Yukari Saito Centro di documentazione Semi sotto
la neve, Angelo Gentili Coordinatore nazionale Festambiente.
http://www.festambiente.it/index.php/17ago.html
Sui dettagli logistici:
http://www.festambiente.it/index.php/infoutili.html
Vi aspettiamo.
domenica 17 agosto 2014
giovedì 7 agosto 2014
I dragoni atomici che perseguitano il Giappone
Come ogni
anno, il 6 agosto la piccola Ayumi Hoshino interrompe le vacanze
estive per andare a scuola. Gli
insegnanti parlano della bomba esplosa il 6 agosto del 1945 sulla
città di Hiroshima, la prima bomba atomica mai sganciata su degli
esseri umani (la seconda è arrivata solo tre giorni dopo, su
Nagasaki). La piccola Ayumi sentirà rievocare la storia dell'attacco
atomico, lo shock, la devastazione, i morti: alla fine di quell'anno
si contavano 140mila vittime a Hiroshima e 74 mila a Nagasaki, circa
la metà morti nell'arco di un giorno dall'esplosione. Per coloro che
sono stati esposti alle radiazioni, gli hibakusha,
è rimasta una scia di sofferenze attraverso diverse generazioni. Di
tutto questo sente parlare la scolaretta - è il giorno in cui tutti
ripetono «mai più»...
Ayumi però
è una bambina curiosa e non si ferma lì.
Con i capelli a caschetto e gli occhiali, a volte un po' secchiona ma
simpatica, con l'aiuto di un vecchio professore scopre i rudimenti
della fisica atomica, protoni ed elettroni, la scissione e la
fissione, la reazione atomica, l'incredibile energia che può
derivarne, il rischio rappresentato dalle radiazioni. Un giorno resta
di sasso quando va al mare con un'amichetta ma viene respinta:
vietato entrare in acqua, la spiaggia è recintata e uomini con tute
protettive stanno misurando il livello di radiazioni rilasciate dalla
centrale di Fukushima Daiichi dopo l'incidente. A casa intanto i
genitori sono incerti se mangiare gli ortaggi di quella zona. Già,
anche una centrale nucleare può disperdere pericolose radiazioni...
In breve, la
forza sprigionata dalla reazione atomica prende per la bambina
l'aspetto del leggendario dragone,
l'animale
mitico che governa il
vento, la nuvola, la pioggia, il tuono e fulmine – e
qui la tecnologia si trasforma in forza diabolica. Bombe
o centrali elettronucleari, i dragoni dormienti nei cieli sono stati
risvegliati da umani presuntuosi convinti di poter controllare la
natura: bisogna fermare la furia, vanno riportati sotto controllo.
La piccola
Ayumi è la protagonista di un manga, una storia a fumetti:
I dragoni atomici di Fukushima
disegnato
da Yuka Nishioka, professoressa
all'università di Nagasaki e autrice di strisce a fumetti
(pubblicato in Giappone nel 2012, è ora tradotto in italiano a cura
del Centro
di documentazione «Semi sotto la neve»
di Pisa).
Un manga per molti aspetti
didattico, per la competenza con cui spiega al lettore cosa è
l'energia atomica e le conseguenze delle radiazioni (l'autrice si è
avvalsa di una supervisione scientifica). E per la ricostruzione
storica: come un paese ancora sotto shock per gli attacchi atomici
ascolta il discorso del presidente americano Eisenhower sugli «atomi
per la pace» (nel 1953) e si getta nello sviluppo del nucleare
civile (può sembrare incredibile, ma la prima expo sull'uso pacifico
del nucleare si tiene proprio a Hiroshima, nel 1958: è da allora che
i giapponesi si sono sentiti raccontare che c'è un'energia atomica
cattiva, quella delle bombe, e una buona, quella delle centrali
elettriche). Ma è anche una storia dove il lieto fine va costruito.
I dragoni
atomici di Fukushima è un
manga con uno scopo. L'autrice, nata a Nagasaki
nel 1965 e cresciuta con i racconti degli hibakusha,
spiega che il mondo è cambiato per lei l'11 marzo 2011, quando anche
nella sua città è scattato l'allarme tsunami che ha colpito il
Giappone nord-orientale. L'incidente alla centrale nucleare di
Fukushima Daiichi le ha fatto rivivere il terrore delle radiazioni,
l'angoscia, l'indignazione, la disperazione, scrive Yuka Nishioka.
«Mi sembrava che il momento richiedesse un esame di coscienza a noi,
nati e cresciuti nei luoghi colpiti dall'atomica», spiega: «Come
potevo sottrarmi alla responsabilità per l'incidente se avevo
tollerato l'energia nucleare, convinta che non potessero mai esserci
incidenti nelle centrali?» Anche lei, come la sua Ayumi, allora ha
cercato le informazioni che erano state nascoste a tutti i giapponesi
– è nata così la storia dei «dragoni atomici». (Il manga I
dragoni atomici di Fukushima. Dire addio alle bombe e all'energia
nucleare si
può comprare qui).
La
Costituzione pacifista sta perdendo i pezzi.
In questi giorni, a 69 anni dall'attacco atomico di Hiroshima e
Nagasaki, tra tante commemorazioni e parole di pace, non molti
hanno fatto notare che il Giappone sta modificando la sua
Costituzione pacifista, quella varata dopo la Seconda guerra
mondiale, che esclude la guerra come risoluzione delle controversie
internazionali (è molto più radicale della Costituzione italiana,
perché nega allo stato il diritto di entrare in guerra). Una svolta
decisiva è quella voluta dal premier
ultra-nazionalista Shinzo Abe, che il primo luglio ha decretato un
cambio di «interpretazione» della Costituzione abrogando il divieto
per i soldati giapponesi di impegnarsi in operazioni di combattimento
all'estero.
Ora il Giappone può mandare i
suoi soldati a combattere in ogni angolo del pianeta, fa
notare Yukari Saito, del Centro di
documentazione Semi sotto la neve. Non solo, Shinzo Abe sta
attivamente promuovendo l'export di tecnologia nucleare giapponese.
Per questo, scrive Saito, quest’anno «molti giapponesi stanno
affrontando gli anniversari di Hiroshima e Nagasaki con uno stato
d’animo assai diverso dal passato».
I dragoni della guerra rischiano di
svegliarsi.
mercoledì 6 agosto 2014
Hiroshima 6 Agosto 1945 - 6 agosto 2014: Il sonno disturbato delle vittime dell'atomica
Lo diceva l’ultimo annuncio dato dal Bulletin of the Atomic Scientists di Chicago riguardo al Doomsday Clock,
l’orologio dell’apocalisse. Era a fine dello scorso gennaio. Chissà se
la lancetta è rimasta ferma nonostante le ultime tensioni
internazionali, soprattutto nel Medio Oriente e in Ucraina.
Eppure i fenomeni più inquietanti che influenzano l’orologio potrebbero arrivare da più lontano, da un paese che pochi se l’aspetterebbero: il Giappone.
Eppure i fenomeni più inquietanti che influenzano l’orologio potrebbero arrivare da più lontano, da un paese che pochi se l’aspetterebbero: il Giappone.
Poco o nulla di ciò trapela, purtroppo, dalla Dichiarazione di Pace di Hiroshima che, come ogni 6 agosto, stamani veniva pronunciata dal sindaco Kazumi MATSUI – del partito al Governo di Tokyo – alla commemorazione della tragedia che rase al suolo la città e per questo la rese famosa in tutto il mondo. La prima bomba atomica sganciata su un centro abitato uccise 140 o 150 mila persone in pochi mesi.
Sono passati 69 anni da allora e il totale delle vittime decedute si avvicina alla soglia dei 300 mila (dei 350 mila che si sima vivessero a Hiroshima all’epoca); ogni anno durante la cerimonia i nuovi fascicoli con i nomi registrati vengono depositati nel memoriale con uno scritto “Riposate in pace poiché non ripiamo l’errore”.
Non ripetiamo l’errore, appunto, della guerra. Per 69 anni, in effetti,
malgrado tutto, i giapponesi hanno perlomeno mantenuto questa promessa.
Se si considera il loro passato, non è poco.
Ora, invece, la promessa potrebbe venire a meno. Quest’anno molti
giapponesi stanno affrontando gli anniversari di Hiroshima e Nagasaki
con uno stato d’animo assai diverso dal passato. Perché?
Tutto è iniziato con l’insediamento dell’attuale governo nel dicembre
2012 guidato da Shinzo Abe, ultra-nazionalista e militarista che adora
il proprio nonno, Nobusuke Kishi. Kishi fu ex criminale di guerra di
classe A nella Seconda guerra mondiale che, nel pieno della guerra
fredda, rispuntò come Primo ministro per spingere il Giappone al riarmo
con la firma del trattato di mutua cooperazione militare con gli Stati
Uniti reprimendo le fortissime contestazioni popolari.
Per realizzare questo suo sogno di sempre, il nipote sessantenne sta lavorando con una sbrigliatezza senza pari; forte della maggioranza assoluta che vi dispone grazie all’alleato Komeito (della Sokagakkai), saltando tutte le prassi parlamentari Abe ha cominciato a trasformare il Giappone costituzionalmente pacifista che nega allo Stato il diritto di belligeranza – più radicale della Costituzione italiana – in un Paese “normale” che usa le armi all’occorrenza non solo propria ma anche dei paesi alleati e le vende a volontà a chiunque.
Per realizzare questo suo sogno di sempre, il nipote sessantenne sta lavorando con una sbrigliatezza senza pari; forte della maggioranza assoluta che vi dispone grazie all’alleato Komeito (della Sokagakkai), saltando tutte le prassi parlamentari Abe ha cominciato a trasformare il Giappone costituzionalmente pacifista che nega allo Stato il diritto di belligeranza – più radicale della Costituzione italiana – in un Paese “normale” che usa le armi all’occorrenza non solo propria ma anche dei paesi alleati e le vende a volontà a chiunque.
Già a metà dello scorso giugno Abe aveva mandato il viceministro della difesa all’Eurosatory di Parigi, la più grande fiera di armi nel mondo. Il viaggio era per benedire una nutrita delegazione di gruppi industriali giapponesi. Tra l’altro, tra le aziende figuravano naturalmente i famosi tre costruttori di impianti nucleari, Hitachi, Toshiba e Mitsubishi di cui Abe funge da instancabile promoter perché è sempre in giro per il mondo per firmare degli accordi di esportazione e collaborazione, dall’Europa all’ Asia e aell’America Latina, in barba ai danneggiati e ai dannati di Fukushima.
Ma tornando alle armi, insomma, l’Eurosatory era una specie di debutto ufficiale del nuovo Giappone di Abe sul palco internazionale.
E come ha fatto Abe liberalizzare gli affari della guerra da un giorno all’altro?
Grazie alla sua grande capacità di dire bugie e di ignorare ogni
opinione diversa dalla propria, è stato piuttosto semplice: un piccolo
trucco nella linea guida ereditata dai precedenti governi per decenni,
cioè di sostituire “Tre principi sull’esportazione delle armi” con “Tre
principi su trasferimento degli equipaggiamenti e tecnologia di difesa”,
senza, però, dimenticare di modificare per bene il contenuto. E’ stato
così eliminato ogni limite sui destinatari, comprese le zone dove un
conflitto è in corso.
Dopo di ché l’ostacolo, considerato il più grosso da tutti i suoi predecessori, è stato superato (più precisamente aggirato) il primo luglio, quando ha decretato un cambio di “interpretazione” della Costituzione: ora, il Giappone può mandare i suoi soldati a combattere in ogni angolo del Pianeta dove i suoi alleati (cioè gli Stati Uniti) hanno bisogno di rinforzi.
Naturalmente, metterlo in pratica sarà molto meno semplice. Occorre riformare una serie di leggi, cambiare le regole di molte strutture a cominciare dall’esercito di auto-difesa. Ad esempio, i soldati giapponesi non possono partecipare a nessuna azione di uccidere, almeno per ora. Dicono che, se verrà modificato questo termine del contratto, molti potrebbero abbandonare la divisa. Allora, occorrerà ripristinare la leva, prevedono i politici anziani. E il braccio destro di Abe auspica perfino il patibolo per i disertori.
Forse stentate a crederci, a ridere sopra? Magari potessimo anche noi scherzarci.
Ma, vari sondaggi d’opinione pubblica ci riferiscono una grande preoccupazione dei giovani e le manifestazioni di protesta sono ormai quotidiane in varie città dell’arcipelago.
Neanche i morti di Hiroshima potranno più riposare in pace.
Ecco perché temiamo seriamente che il Giappone possa influire sulla lancetta dell’orologio dell’apocalisse.
Con tutte le tecnologie avanzate e il popolo disciplinato, sarebbe capace di spostarla .
Più avanti o più indietro non è ancora stato detto, però. Dipenderà molto dai cittadini, dai giovani in particolare, e della loro capacità di unirsi, allearsi con i cittadini di altri paesi, nell’Asia e altrove.
Più avanti o più indietro non è ancora stato detto, però. Dipenderà molto dai cittadini, dai giovani in particolare, e della loro capacità di unirsi, allearsi con i cittadini di altri paesi, nell’Asia e altrove.
© Yukari Saito
per Centro di documentazione Semi sotto la neve
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