la versione originale e integrale dell'articolo pubblicato su il manifesto del 15 gennaio 2013
Conoscere l’avversario
1. Sfruttando il sistema burocratico scaricare
la responsabilità su altri;
2. Confondere le idee alle vittime e all’opinione
pubblica per dare l’impressione che ci siano i pareri pro e contro su ogni
argomento;
3. Far sì che le vittime si litighino tra
di loro;
4. Non registrare i dati e non lasciare
le prove;
5. Temporeggiare.
|
la prima edizione giapponese del | documentario |
Sono alcune strategie adottate dalle
autorità giapponesi che affliggono le vittime del disastro nucleare di
Fukushima. A elencarle è Aileen Mioko Smith, la fondatrice e direttrice di
Green Action, un’organizzazione non governativa giapponese con la base a Kyoto
che lavora da più di vent’anni contro l’energia nucleare. Secondo Aileen, sono identiche
ai metodi usati in passato con i malati della sindrome di Minamata, causata
dell’intossicazione acuta da mercurio contenente nei rifiuti industriali scaricati
nel mare, di cui i primi casi sono stati riconosciuti nel 1956.
Chi altro saprà
descrivere il meccanismo dello sviluppo che logora le vittime meglio di lei? Nata
a Tokyo nel 1950 dal padre americano e la madre giapponese, Aileen ha lavorato sin
da giovanissima a fianco di Eugene Smith, mitico fotografo americano che
divenne poi suo marito. Andarono a vivere a Minamata nell’isola meridionale di
Kyushu da dove denunciarono al mondo non solo la malattia ma anche i crimini
industriali e molte vicissitudini delle vittime.
L’elenco di Aileen continua:
6. Condurre le indagini con l’obiettivo di minimizzare i danni;
7. Estenuare le vittime affinché rinunci a lottare per i propri diritti;
8. Stabilire un criterio per riconoscere le vittime meno possibile;
9. Evitare che le informazioni arrivino oltre i confini.
10: Organizzare conferenze internazionali invitandovi degli esperti compiacenti.
Giunto all’ultimo punto, ci viene un riso amaro: ecco, ci siamo.
L’ultima è stata, difatti, una conferenza ministeriale organizzata dal governo giapponese
e dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) a Koriyama nella Provincia
di Fukushima dal 15 al 17 dicembre scorso. L’incontro con gli ospiti da 117 paesi e
13 organi internazionali ha partorito ciò che la società civile temeva: una dichiarazione
piena di autocompiacimenti che sdrammatizza la situazione attuale senza alcuna
attenzione ai reali bisogni della popolazione che subisce le conseguenze del disastro.
Tutto con il beneplacito dell’AIEA.
«Nonostante Fukushima ci abbia insegnato la necessità di separare l’organo di controllo
da quello per la promozione dell’energia nucleare, il governo giapponese ha ripreso
il vecchio vizio: per minimizzare il disastro ricorre all’autorevolezza internazionale
dell’AIEA, un ente che confonde le due mansioni », commenta la signora Smith.
Divide et impera
«Siete ancora in
Fukushima? Anche i bambini? Ma, come fate, perché non venite via?». Sono le
frasi che suonano logoranti a molte persone rimaste nella provincia per vari ragioni.
Acuiscono ulteriormente il loro senso di colpa in particolare nei confronti dei
figli; e sentirle a dire ripetutamente, per la sopravvivenza più che altro psicologica, si finisce per smettere di portarsi la
maschera, di fare attenzione al livello delle radiazioni e perfino di pensarci,
insomma di fare finta di nulla.
Si litigano tra le vittime, in famiglia e tra i vecchi amici. Anche quando non
si scontrano frontalmente, la distanza, la reticenza e l’incomprensione tra chi
rimane e chi se n’è andato crescono col passare del tempo; eppure fino all’incidente
vivevano uni accanto agli altri in armonia.
Eppure, chi immagina le persone
riparatesi subito fuori dalla provincia per sottrarre i figli dalle radiazioni
appartenessero ai ceti benestanti si sbaglia; si scopre che molti degli
evacuati di propria iniziativa sono single
mothers, che non avevano nulla da perdere nell’andarsene: più libere dai
legami e dai vincoli di vario genere, senza una casa di proprietà, senza un lavoro
stabile e ben pagato ecc..
Intanto, il
governo centrale e le amministrazioni locali hanno invitato gli abitanti a
rientrare e riprendere la vita facendo leva sul loro amore per Fukushima. Hanno
annunciato la sospensione di ogni aiuto finanziario a chi vuole allontanarsi
dalla provincia sostenendo che l’allarme è ormai rientrato per molte zone
grazie agli sforzi della decontaminazione. La benedizione dell’AIEA alle
autorità giapponesi è arrivata in questo contesto.
Malgrado ciò, gli
ultimi sondaggi effettuati da un quotidiano locale di Fukushima ci riferiscono
che 3 abitanti nella provincia su 4 auspicano la demolizione immediata di tutti
i 6 reattori nucleari ancora esistenti sul territorio (oltre ai 4 incidentati
già in via di smantellamento).