da Marina Forti
da Stefania Divertito
I testi (in italiano)
Marina Forti
Vorrei rivolgere un saluto ai partecipanti di questa importante conferenza, e
ringraziare gli organizatori per avermi dato la parola.
Venticinque anni fa il disastro nucleare di Cernobyl, in Ukraina, ha coinvolto buona parte dell'Europa: abbiamo così imparato cosa vuol dire essere nel raggio di ricaduta di un fallout radiattivo.
Allora ci fu detto che il disastro era dovuto alla tecnologia obsoleta e insicura usata a Cernobyl. Ma certo questo non è il caso del disastro che ha colpito a Fukushima: il Giappone è forse il paese più tecnologico al mondo. Gli eventi di Fukushima dicono quanto l'industria nucleare è intrinsecamente insicura - e quanto fragili siamo noi umani di fronte a eventi estremi come uno tsunami o un terremoto. Ovviamente non possiamo impedire simili eventi naturali. Ma possiamo impedire di sviluppare una industria tanto insicura.
I cittadini italiani hanno votato due volte contro il nucleare, nel 1987 e nel giugno del 2011. In Italia un referendum popolare può solo abrogare leggi esistenti: così agli elettori nel 1987 è stato chiesto di abrogare la norma che attribuiva compensazioni in denaro agli enti locali che accettano un impianto nucleare sul proprio territorio, e quella che dava al Comitato interministeriale per la programmazione economica il potere di decidere il sito di una centrale atomica anche contro il parere degli enti locali. L'80% degli elettori ha votato contro quelle norme, e il messaggio era chiaro: l'Italia non voleva l'industria nucleare.
Oltre 20 anno dopo, di nuovo, 30 milioni di italiani ha votato contro il progetto di riprendere gli investimenti nell'energia nucleare.
Vorrei concludere sottolineando che quando diciamo "no" all'industria atomica, stiamo dicendo "sì" a un'alternativa di energie pulite e rinnovabili.
Oggi possiamo unire i nostri sforzi per mettere al bando una industria così pericolosa.
Venticinque anni fa il disastro nucleare di Cernobyl, in Ukraina, ha coinvolto buona parte dell'Europa: abbiamo così imparato cosa vuol dire essere nel raggio di ricaduta di un fallout radiattivo.
Allora ci fu detto che il disastro era dovuto alla tecnologia obsoleta e insicura usata a Cernobyl. Ma certo questo non è il caso del disastro che ha colpito a Fukushima: il Giappone è forse il paese più tecnologico al mondo. Gli eventi di Fukushima dicono quanto l'industria nucleare è intrinsecamente insicura - e quanto fragili siamo noi umani di fronte a eventi estremi come uno tsunami o un terremoto. Ovviamente non possiamo impedire simili eventi naturali. Ma possiamo impedire di sviluppare una industria tanto insicura.
I cittadini italiani hanno votato due volte contro il nucleare, nel 1987 e nel giugno del 2011. In Italia un referendum popolare può solo abrogare leggi esistenti: così agli elettori nel 1987 è stato chiesto di abrogare la norma che attribuiva compensazioni in denaro agli enti locali che accettano un impianto nucleare sul proprio territorio, e quella che dava al Comitato interministeriale per la programmazione economica il potere di decidere il sito di una centrale atomica anche contro il parere degli enti locali. L'80% degli elettori ha votato contro quelle norme, e il messaggio era chiaro: l'Italia non voleva l'industria nucleare.
Oltre 20 anno dopo, di nuovo, 30 milioni di italiani ha votato contro il progetto di riprendere gli investimenti nell'energia nucleare.
Vorrei concludere sottolineando che quando diciamo "no" all'industria atomica, stiamo dicendo "sì" a un'alternativa di energie pulite e rinnovabili.
Oggi possiamo unire i nostri sforzi per mettere al bando una industria così pericolosa.
Stefania Divertito
Ciao a
tutti,
innanzitutto grazie per il vostro invito.
È molto importante incrementare il collegamento tra
attivisti antinucleare in tutto il mondo, e iniziative come la vostra sono un
toccasana.
Sono una giornalista, specializzata in inchieste ambientali.
Lavoro a Roma per Metro, quotidiano free press distribuito in più di cento
città nel mondo.
Per Metro ho seguito quanto è accaduto a Fukushima lo scorso
anno. È stato immediatamente chiaro che il mondo sarebbe cambiato per sempre.
Nello stesso periodo anche in Italia, e per altri versi, il dibattito sul
nucleare era più infiammato che mai, a
causa della decisione del governo Berlusconi di costruire nuove centrali.
Così
allo stesso tempo io potevo osservare come si stava sviluppando la situazione
in Giappone e in Italia.
Ma c’era una differenza sostanziale: voi, in Giappone,
avevate in ogni fase della vicenda tanta fiducia, una connaturata, oserei dire,
fiducia nel vostro governo.
In Italia, come voi forse saprete, questo non avviene.
In un primo momento ho pensato che questa vostra attitudine
fosse positiva.
Di contro noi in Italia siamo sempre portati a dubitare di
qualsiasi informazione provenga dal nostro governo.
Ma poi mi sono resa conto che l’estrema, incondizionata,
fiducia, così come la diffidenza perenne
sono due eccessi. Entrambi non utili alla crescita di un dibattito democratico.
È invece l’esercizio del dubbio che è utile alla democrazia. Noi cittadini attivi dobbiamo dubitare di
ogni notizia, informazione, dichiarazione ufficiale, conservando però il
risetto istituzionale necessario.
E il dubbio si esercita con il controllo.
Dobbiamo dubitare
e quindi controllare, ecco il nostro ruolo importantissimo.
La vostra battaglia non è certo finita, forse è agli inizi.
Così anche la nostra, perché le loly nucleariste di certo stanno affilando le
armi per cercare nuove strategie al fine di imporre i loro interessi.
Così,
continuiamo a collaborare e a non perdere i contatti tra di noi.
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