sabato 9 giugno 2012
Salviamo Kyoto
Certo che noi umani dobbiamo sembrare davvero strani agli occhi dei non umani. Esseri pieni di contraddizioni. Riusciamo a commuoverci nel vedere l’attraversamento del Venere davanti al Sole e ci diciamo rammaricati che si potrà assistere ad un fenomeno simile solo fra 105 anni. Però siamo capaci di perderci nel gioco di spaccare gli atomi pur non sapendo come rimettere insieme i cocci né dove tenerli nei prossimi milioni di anni. Rideranno di noi? Forse. O saranno indignati e angosciati come lo sono centinaia di migliaia di cittadini giapponesi in questi giorni, di fronte all’imminente decisione del governo di Tokyo sulla riattivazione di alcuni reattori nucleari, senza nessuna garanzia effettiva e nonostante restino irrisolti i problemi di Fukushima? Una decisione cocciuta che servirebbe, dicono, a risparmiare pochi soldi ora (perché il petrolio costa molto) ma senza badare di quanto ci costerà fra 105 anni, o anche solo tra 15 anni.
«Aprite gli occhi, guardate e affrontate i danni, i dolori e la rabbia generati dall’incidente di Fukushima che lascia ancora oggi 150 mila sfollati nell’insicurezza e incertezza», si legge in uno degli ultimi appelli lanciati dalla società civile giapponese. Si chiede al primo ministro Yoshihiko Noda di non dire, con leggerezza, «mi assumo io la responsabilità di decidere sulla riattivazione», come ha ripetutamente fatto: «In un incidente nucleare nessuno è in grado di assumersi le conseguenze», ribadisce l’appello; «lo sappiamo bene dall’esperienza di Fukushima, per cui né il Governo né la compagnia elettrica si sono assunti le responsabilità neppure nella misura a loro possibile».
Io invece, trovandomi qui in Italia, vorrei lanciare un appello agli italiani. Un anno fa, con la vittoria schiacciante al referendum contro nucleare, siete diventati i nostri eroi e vorrei chiedervi una replica. La notizia del referendum italiano ha avuto un trattamento del tutto eccezionale in Giappone: il tg delle 19 dell’emittente Nhk, il più seguito di tutti, ha aperto con le immagine festose girate a Roma del 13 giugno e vi ha dedicato più di 10 minuti dei 30 a disposizione. Sembrava una vittoria ai mondiali e si vedeva che la gioia contagiava perfino lo studio televisivo, di solito attentissimo a non urtare i nuclearisti. Non potete immaginare quanta carica di energia abbiate dato ai movimenti e ai cittadini giapponesi, facendoci capire che il nucleare non era un argomento riservato ai politici e che dire addio al nucleare è possibile. Ci avete fatto sentire anche che la tragedia di Fukushima è servita almeno a qualcosa.
Insomma, con la vittoria referendaria ci avete riempito di una grande speranza.
Oggi però, a quasi un anno da quella memorabile giornata, abbiamo bisogno di una ricarica e di sostegno. Perché il Giappone sta attraversando un momento davvero cruciale: oggi tutti i 50 reattori nucleari sul territorio sono sospesi per vari controlli, ma occorre consolidare questa irripetibile circostanza e renderla stabile, per portare il paese al più presto fuori dalla dipendenza dal nucleare. L’infrastruttura è pronta al passaggio, manca solo la volontà politica: e per questo può servire anche la pressione dall’estero.
Tra le mille ragioni per impedire la riattivazione dei reattori atomici, ne segnalo una, forse meno menzionata ma non per questo meno universale: salvare i patrimoni culturali dell’antica capitale di Kyoto, che dista meno di 60 chilometri dalla centrale nucleare di Ooi, dove due non nuovissimi reattori potrebbero essere riattivati fra poco per volere del governo. Un mezzo semplice ed efficace c’è: è l'appello per una moratoria nucleare del Giappone che parte dall’Italia proprio nell’anniversario della vittoria referendaria. Firmate e spargete la voce, in Italia e fuori: isdepalermo.ning.com/notes/Fukushima. Il pianeta Terra ringrazia.
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